Ma vero

 

Da qui – non sale parola.

Adesso abissale.

Zittito, a dirsi reale.
Ma vero, anche se sfugge all'occhio dei giorni
(mi dico, col cranio tra i pugni del corpo).
Ma vero, mi dico

  e piango con me.


1 | L'opera

Ma vero dura circa un’ora e un quarto. 
Lo svolgimento dei fatti sonori vuole produrre esteticamente l’esperienza temporale su cui poggiano, nella vita, le grosse trasformazioni esistenziali.
Riconnettersi al lungo tempo.
Coglierne, come dall’alto, il disegno globale, per conservare un margine accessibile di serenità e di senso, arginando la tentazione di sottrarsi al succedere delle cose.
E intanto, qui e ora, viverlo a fondo, sia nei periodi di calma (in cui il presente sembra prendersi tutto lo spazio), sia nei periodi di spinta incalzante verso i punti di crisi (attraverso cui si trapassa da una vecchia forma interiore a una nuova).

Le dinamiche di pressione e de-pressione emozionale che ho tentato di imprimere alla musica hanno l’obiettivo di dotare la temporalità di Ma vero tanto di coesione sintetica (per permettere all'ascoltatore di recepire intuitivamente il pur enigmatico senso totale dell'opera) quanto di vitalità (per condurre l'ascoltatore a vivere intensamente, istante per istante, l'accadere sonoro).

Per aiutarmi ho modellato Ma vero sul principio del jo-ha-kyu. Si tratta di un concetto appartenente alla cultura giapponese, secondo il quale ogni fatto che si manifesta in natura è governato da una struttura “ritmica” che ripete ciclicamente tre fasi (ognuna delle quali è suddivisa, a sua volta, in tre fasi analoghe…):

– prima fase, jo (il fatto comincia ad accadere, manifestando con chiarezza gli aspetti fondamentali della propria costituzione);
– seconda fase, ha (che solitamente dura più a lungo di tutte le altre. Il fatto manifesta la propria complessità interna. L’attenzione di un eventuale testimone del fatto è chiamata qui alla massima accensione e sottigliezza);
– terza fase, kyu (la più breve. Il fatto sfoga la pressione accumulata – e torna al riposo).

Fateci caso: la descrizione delle tre fasi è costruita secondo il principio del jo-ha-kyu

Le azioni fisiche, attuate nell’esecuzione, sono state ideate e messe a punto in modo da farne precipitare il carattere corporale a profondità sempre diverse, per far emergere e modulare l’essenziale risonanza affettiva del suono.

Fateci di nuovo caso, adesso: tutto questo capitolo è organizzato secondo la struttura del jo-ha-kyu!

2 | Allestimento

Ma vero (1997-2006) è un concerto-performance per quattro interpreti. Gli esecutori originari sono:

Dario Buccino: lamiera HN®, voce, superficie risonante
Marco Crescimanno: lamiera HN, voce
Enrico Gabrielli: lamiera HN, clarinetto
Renato Gatto: lamiera HN, voce

L’esecuzione deve aver luogo in una stanza vuota (senza sedie ne’ palco) di 40-120 mq. Il pavimento della stanza deve essere di legno non eccessivamente ruvido, ben risonante e l’ambiente perfettamente silenzioso.

Il pubblico ammesso a ciascuna esecuzione è di 20-50 ascoltatori, che staranno seduti o sdraiati su cuscini e materassi collocati sul pavimento e non potranno, per nessun motivo, entrare o uscire dalla stanza a concerto iniziato.

Se lo spazio utilizzato è un teatro (soluzione ideale), il pubblico sarà collocato sul palco, insieme agli esecutori. Lo spazio dovrà essere il più possibile circoscritto da "pareti" (l'eventuale sipario dovrà essere chiuso) per evitare ogni dispersione di suono e per creare un'atmosfera raccolta e accogliente.

La performance avviene nel buio quasi completo, leggermente rischiarato da una piccola fonte luminosa (di intensità uguale o inferiore a quella di un'unica candela).

L’abbigliamento degli esecutori dev'essere semplice, pratico, di colore nero o scuro, tendenzialmente stilizzato e uniforme tra i diversi interpreti.

Non viene utilizzato alcun tipo di impianto di amplificazione. L’identità acustica e la localizzazione spaziale di ciascuno strumento e di ciascun interprete devono essere assolutamente reali.

Le dimensioni, la silenziosità, l’oscurità della stanza, così come la preparazione del pubblico (vedi il capitolo "Accoglienza del pubblico"), hanno importanza cruciale per la riuscita sia acustica, sia esperienziale di Ma vero.

Le lamiere HN sono sospese tramite funi fissate alla graticcia – nel caso dei teatri – o – nel caso di altri spazi – al soffitto o, ancora, da tiranti, costituiti da funi orizzontali fissate alle pareti dell'ambiente. Se il soffitto della stanza presenta travi accessibili, queste potranno essere utilizzate per fissare le funi. Se nessuna di queste soluzioni può essere adottata, le lamiere HN verranno sospese tramite le proprie apposite pedane. 

N.B. Nella partitura della composizione si trova uno schema indicativo della disposizione delle lamiere e del pubblico nella stanza.

3 | Accoglienza del pubblico 

Dopo aver pagato il biglietto d’ingresso, gli ascoltatori (uno a uno o a gruppetti di massimo quattro persone) verranno accompagnati da un nostro assistente in una stanza situata accanto a quella in cui avrà luogo il concerto. L’ambiente sarà avvolto nella penombra e sarà organizzato in maniera da permettere a tutti di mettersi a proprio agio, senza formalità. Ci saranno sedie, materassi e cuscini per terra… Nessun altro avrà accesso a questo salottino, che sarà il più possibile isolato dal luogo in cui si paga il biglietto.

Gli interpreti attenderanno – già in posizione d’esecuzione – nella stanza del concerto, nella quale nessuno potrà entrare o sbirciare finché non si sarà tutti pronti per prendervi posto.

Prima del concerto non verrà distribuito alcun programma di sala. Dopo il concerto, invece, potrà essere messo a disposizione degli ascoltatori un opuscolo costituito da tre pagine (una copertina e, di questa presentazione, la poesia e il capitolo "L'opera") e, eventualmente, da altre pagine recanti informazioni relative all’autore, agli interpreti, agli organizzatori del concerto…

Quando il numero previsto di ascoltatori sarà stato raggiunto, il nostro assistente (o io stesso – uscendo momentaneamente dalla stanza del concerto) darà una breve spiegazione su alcuni aspetti della performance.
I punti essenziali del discorso sono i seguenti.

  1. Si sta seduti su cuscini e materassi posti sul pavimento. Ci si può anche sdraiare, se si trova spazio. Non ci si deve, invece, sporgere fuori dal proprio cuscino o materasso, perché si rischia di essere urtati dalle taglienti lamiere in movimento o di far inciampare gli interpreti nei loro spostamenti. Ci si deve sistemare, comunque, in modo tale da essere comodi e rilassati. E’ fondamentale che Ma vero sia, fin dai primi istanti, un’esperienza di godimento.
  2. L’allestimento della stanza del concerto è organizzato in modo da rendere inevitabile il contatto fisico con gli altri ascoltatori. Occorre avere un po’ di coraggio e, dove risultasse necessario, appoggiarsi l’uno all’altro.
  3. Chi vuole, può togliersi le scarpe per stare più comodo. E’, anzi, consigliabile.
  4. Non si può uscire durante il concerto, si creerebbe uno scompiglio devastante!
  5. E’ necessario, quindi, essere sicuri che non venga il bisogno di andare in bagno, durante l’esecuzione. Conviene utilizzare la toilette prima che inizi il concerto. Lo si può fare subito dopo questo discorso, senza motivo di agitarsi per la fretta: i tempi sono calcolati in modo da poter iniziare in orario, con agio, anche qualora tutti usufruissero del bagno.
  6. Il volume dei suoni raggiunge, in alcuni momenti della composizione, livelli molto alti. Sia la distanza degli ascoltatori dalle lamiere, sia la quantità e la durata di tali momenti sono studiati in maniera che il volume non arrechi danni all'udito. La sensibilità ai volumi estremi, però, è comunque soggettiva; gli ascoltatori pertanto sono invitati a tapparsi le orecchie con le mani se provano fastidio durante i passaggi dotati di maggiore intensità. L'autore, gli interpreti e gli organizzatori non possono essere ritenuti responsabili di eventuali disagi che dovessero protrarsi oltre il momento della performance.
  7. Alcune parti di Ma vero possono indurre uno stato di distensione da cui può risultare piacevole e naturale scivolare nell’assopimento. Il più delle volte si tratta di una vera e propria trance ipnotica (leggera o media); è un effetto non casuale(*) ed è dotato di una propria funzione nella ricezione di Ma vero; può essere assecondato o contrastato a seconda dei gusti. E può benissimo anche non verificarsi, senza che questo significhi che sia sfuggito qualche aspetto essenziale della performance. Ognuno attraversi Ma vero come meglio crede. Unica accortezza: gli ascoltatori che dovessero sentire qualcuno russare in maniera troppo rumorosa, lo scuotano gentilmente, cercando di evitare di metterlo in imbarazzo!
  8. Movimenti per accomodarsi meglio, sospiri e gorgoglii sono inevitabili, e vanno vissuti tranquillamente. E’ necessario, però, impegnarsi tutti nella creazione di un elastico silenzio, funzionale alla concentrazione nell’ascolto.
  9. Può essere, quindi, opportuno non portare nella stanza del concerto eventuali orologi dal ticchettìo anche solo leggermente udibile e, ovviamente, assicurarsi di aver spento i telefoni cellulari, sia che li si tenga con sé, sia che li si lasci nel salottino.

Dopo il discorso, e dopo che tutti avranno utilizzato la toilette, si faranno accomodare gli ascoltatori nella stanza di Ma vero.
Nel salottino d’attesa, invece, durante il concerto, non ci dovrà essere nessuno, nemmeno il nostro assistente.

4 | Registrazione 

Quando si assiste dal vivo a un'esecuzione musicale, succede qualcosa nelle zone profonde dell'esperienzialità emotiva e temporale, qualcosa che attraverso l'ascolto della registrazione dell'esecuzione può solo essere ricordato o suggerito, ma non ri-prodotto.
Quel qualcosa costituisce il cuore strutturale di Ma vero. E' in funzione della sua evocazione e modulazione che è concepita l'intera organizzazione sonora, compositiva, interpretativa, spaziale e visiva(**) dell'evento Ma vero.

Forse, quindi, tentare di catturare Ma vero in una registrazione non ha molto senso. Non solo per la difficoltà di riprodurne l’oggettività acustica(***), quanto per l’impossibilità di ricreare la totale realtà materiale (e quindi anche psichica) che costituisce il vero Ma vero: dai tangibili spostamenti d’aria dovuti alle oscillazioni delle lamiere, all’impegno dell’ascoltatore nel controllare ogni piccolo movimento del proprio corpo per sostenere la concentrazione collettiva, fino – e soprattutto – alla letterale presenza (avvertibilmente corporea, reale anche quando inudibile e invisibile) degli esecutori che animano il suono…
Queste circostanze incarnano la concezione di Ma vero,  non meno dei suoni attraverso cui accade.

Qualunque registrazione di Ma vero va interpretata dunque come pro-memoria a posteriori dell’evento.
E’ ineliminabile il paradosso costitutivo della riproduzione: ascoltare adesso ciò che è già accaduto.

5 | Partitura     

La partitura di Ma vero utilizza il Sistema HN, il sistema musicale basato sulla parametrizzazione dell’atto corporeo dell'interprete, che ho cominciato a elaborare componendo il Ciclo HN (dal 1991).
Si tratta di un sistema elastico che continua, nel tempo, a trasformarsi, adattandosi alle diverse esigenze compositive che mi trovo ad affrontare, pur conservando i cardini della propria struttura originaria.
HN sta per Hic et Nunc – qui e ora.

Ogni azione fisica impiegata in Ma vero, è stata elaborata e filtrata attraverso il diretto lavoro con gli interpreti, per focalizzare e strutturare le risorse performative e psicologiche di ciascuno – autore compreso. Ciò che, infine, si vede fissato sulla pagina, è la rappresentazione sintetica di azioni complesse, non riducibili ai propri soli aspetti corporali, perché costituite tanto da questi ultimi, quanto da dinamiche esperienziali (percezione del tempo, svolgimento del flusso di azioni mentali, modulazione della pressione emotiva…) la cui gestione assume funzioni strutturali – oltre che espressivi – nello svolgersi dei fatti sonori. Alcuni dei parametri in gioco sono effettivamente leggibili sulla partitura – tradotti in simboli compatibili con la sintassi grafica del Sistema HN –, altri invece sono stati discussi e plasmati attraverso il solo lavoro verbale, per non ridurre la flessibilità della consapevolezza sensuale dell'interprete. Nelle azioni prescritte, inoltre, è programmata una quota (di volta in volta sottile o consistente, ma sempre definita da vincoli parametrici) di invenzione performativa estemporanea.

Parallelamente alla distillazione del materiale esecutivo, ho proceduto al suo montaggio compositivo e al suo trasferimento sulla pagina scritta, strumento di messa a punto formale e piattaforma di comunicazione con gli interpreti. Il lavoro ha acquistato nitore quando ho cominciato a organizzare la composizione in variazioni. Il loro ‘tema’ non è costituito da una specifica combinazione di suoni, ma dalla particolare dinamica temporale della curva di pressione e de-pressione emozionale sviluppata dagli avvenimenti sonori, dinamica riconducibile al paradigma del jo-ha-kyu. Ogni variazione – così come l’arcata globale di Ma vero – è una variazione di quel paradigma.

E’ mia abitudine non fornire spiegazioni scritte dei singoli simboli grafici utilizzati nelle mie partiture.
Nel tempo sto accumulando, per ciascuna composizione, materiale audiovisivo che illustra i rapporti tra partitura e performance. 


Ma vero è imbevuto di Enrico, Marco e Renato, che da anni riversano in questo progetto la propria personalità, la propria creatività e la propria capacità di donare senso alle cose.

Devo molto, inoltre, agli ascoltatori che hanno preso parte al lungo work in progress, e al sostegno e la potenza significatrice di Rita, Stefania e Paulo.

Ma vero è dedicato a Stefania Beretta e a Paulo Barone.

Note

(*) L’effetto è dovuto, oltre che alle particolari circostanze in cui avviene la performance, alle peculiarità acustiche della composizione:

  • il bassissimo volume di alcuni suoni;
  • la loro qualità timbrica risonante e cangiante;
  • la staticità degli aspetti macroscopici del loro comportamento sonoro;
  • l'instabilità di quelli microscopici;
  • la difficile localizzabilità della loro provenienza;
  • l’impercettibilità del momento esatto in cui scivolano dentro e fuori dal silenzio;
  • la forte e prolungata pressione acustica ed emotiva generata dai fatti sonori che li hanno preceduti;
  • il lento inabissarsi dei fatti sonori, ovvero la lentezza e la gradualità con cui transitano da una forte pressione acustica a una debole, vicinissima al silenzio. 

(**) Sarebbe più efficace, forse, parlare di organizzazione anti-visiva, data la densa penombra, al limite del buio, in cui durante l’esecuzione sono immersi ascoltatori e interpreti. Ma è evidente come anche questa scelta costituisca una strategia visiva.
Al pari di tutte le tecniche di deprivazione o inibizione sensoriale (ricorrenti nell’ipnosi, nell’incontro erotico, nella tortura…), ostacolare la vista serve non soltanto ad allertare le altre funzioni percettive ma, anche, ad acuire lei stessa, inducendola a comunicare con la mente a un livello insolito di sottigliezza e con maggior spessore immaginifico. Si inibisce la tentazione 
letteralizzante a cui è esposto lo sguardo, che interferirebbe con la risonanza metaforica e trascendente di cui è portatore ogni atto corporeo.

(***) Difficoltà grossa, legata all’esigenza di fedeltà allo spettro frequenziale, all’escursione dinamica (lo scarto – enorme in Ma vero – tra volumi minimi e volumi massimi), alla collocazione esatta rispetto alla stanza di ogni singola fonte sonora (collocazione che dà vita, dal vivo, a una polifonia e una narrazione letteralmente geometriche, praticamente del tutto inudibili, ad esempio, in una registrazione stereo) e alle modalità di propagazione del suono nello spazio (modalità sensibilmente diverse da una tecnica esecutiva all’altra, decisive per la fisionomia e l’impatto sensuale ed emotivo dei fatti sonori).
E comunque, anche una registrazione ‘surround’ (o simile), realizzata con mezzi di altissimo livello (e da ascoltarsi su un impianto adeguato e in circostanze acustiche ambientali adatte), può evocare ma non può ri-produrre il fatto principale: l’accensione della scintilla del 
qui e ora – l’adesso abissale in cui è sospeso Ma vero.

Copyright © 2005 Dario Buccino

Photo © Marina Luzzoli