Musica, erotismo e BDSM

Spunti per una più estesa riflessione.

Sono sempre stato a mio agio in quel gioco che, in tempi relativamente recenti, è stato battezzato BDSM: il sadomasochismo ludico a scopo erotico. Per me quel gioco è, paradossalmente, il luogo della tenerezza. Non c'è tenerezza laddove non c'è accudimento del lato soffice, fragile e senza corazza, della vita propria e altrui. Il BDSM rovescia i termini, ma solo a un certo livello: dominazione e sottomissione servono a lasciare emergere le fonti oscure del desiderio erotico, che è sempre una forza a suo modo violenta, per la sua capacità di soggiogarci e il suo sbocciare in noi nonostante noi stessi, ma è sempre una forza vitale, pronta a farsi dono, gioia e reciprocità benefica. Così come nel teatro, luogo della finzione, si impara a conoscere la sorgente dell'autenticità, nel BDSM si impara a riconoscere la sorgente anti-violenta delle passioni più soverchianti. In teatro la finzione perde vita se non è innervata dalla più profonda autenticità, e nel BDSM la sessualità si fa squallida se non è sorretta dal desiderio di vedere l'altro felice, che sia dominante o sottomesso.

Analogamente la musica, luogo del suono, si spegne se non è sorretta dal senso del silenzio. E il silenzio si fa arido e noioso se non è acceso dalla percezione vitale della propria presenza qui e ora. È bellissimo tacere di fronte al vento che sussurra tra le foglie degli alberi. È orribile tacere, invece, quando ci è stata sottratta ogni prospettiva di essere ascoltati. La musica insegna ad ascoltare il suono e il silenzio, ma non si ferma qui: poiché si tratta di suono e silenzio umani, cioè umanamente modulati, la musica ci insegna ad ascoltare la nostra dolcezza, la nostra furia, la nostra fragilità, la nostra potenza e, fatto cruciale, quella altrui. Ascoltare sé stessi e l'altro è la fonte della musica, dell'amore, del sesso bello e del BDSM sano, quello che ci permette di abbandonarci nelle mani dell'altro perché l'altro ci conosce, ci desidera o desidera conoscerci, e ci fa esplorare il frastuono e il mutismo del nostro desiderio di tornare bambini, ora inermi ora potenti, cioè diventare adulti che si assumono la responsabilità della consapevolezza che l'unica violenza accettabile è quella che non nuoce ma lenisce, accudisce e ripara. Esiste questa violenza? Sì, è quella della musica quando si impossessa di noi, quella del desiderio sessuale quando ci travolge, quando le forze fuori e dentro di noi ci trasportano sado-generosamente dove noi non avremmo mai saputo spingerci da soli. Perché soli non lo siamo mai, e questa è una maledizione quando gli altri sono crudeli o noncuranti, ma è una benedizione quando gli altri concepiscono la felicità come uno stato possibile solo quando viene condiviso e sparso tutt'intorno.

© 2019 Dario Buccino