Il Sistema HN® e la forma canzone

La canzone è un oggetto affettivo, un'entità a cui si vuole bene e, cosa ancora più importante, da cui ci si sente voluti bene. D'altronde si potrebbe dire che tutta la musica è un oggetto affettivo. Diciamo quindi che la canzone è un oggetto affettivo portatile. Può accompagnarci nella vita quotidiana come un anello, come il ricordo di un incendio, come la nebbia profumata o il sole croccante di oggi pomeriggio, come uno slancio nel camminare che ci accende di fiducia, come una poesia che ci riconduce a noi stessi... Niente di più ma, soprattutto, niente di meno.

Come compositore sono votato, in realtà, a forme musicali lontanissime dalla canzone. Anche la concezione più estrema e la prassi più sperimentale, però, mi servono come sonda per andare alla ricerca della risonanza affettiva del suono. Per questo mi è capitato più volte, nel corso degli anni, di confrontarmi con la forma canzone. Credo che nessuno, e certamente non io, possa fare a meno del suo conforto. Che provenga dalla top ten, da un intenso cantautore, da un'arcana ninna-nanna...

Mi definisco "compositore performativo" perché organizzo compositivamente non solo il suono ma anche il processo performativo necessario per metterlo in atto. Il processo performativo è ciò che succede nel corpo e nella mente quando eseguiamo musica, immersi nella nostra sensibilità e creatività. Il corpo pensa. I neurologi parlano di memoria procedurale, di moduli di attività... Chi ha guidato la maestria del musicista quando egli stesso, alla fine di un'esecuzione o un'improvvisazione, riemergendo da un sogno perfetto e insindacabile, non ricorda più che cosa ha fatto? Cosa sa della musica il corpo, che il pensiero non sa di sapere?

Le risposte, anzi, le domande stesse sono infinite e formano l'oggetto della mia ricerca: scavo al loro interno fino a sfinirmi e le traduco in segni scritti sulla pagina, attraverso un codice di simboli grafici che, come si può immaginare, ho dovuto creare appositamente. Questo codice fa parte del Sistema HN®, il sistema musicale che ho elaborato per imbrigliare le forze che si dispiegano nel momento della performance, nel suo hic et nunc, incarnato dall'acronimo "HN". La canzone è, in realtà, un territorio troppo circoscritto per ospitare agevolmente quest'esplorazione, ma offre spunti fecondi, perché è nella natura della canzone, quanto meno nelle sue forme tradizionali, nascere e diffondersi oralmente, cioè performativamente.

Mi rendo conto di sembrare il classico intellettuale che si giustifica per aver scritto delle canzoni e averne addirittura pubblicato un album, "La costrizione della nudità". E in effetti è così! Nei secoli scorsi era del tutto normale attingere alle tradizioni musicali orali, e l'importanza assunta dal Lied (che in tedesco significa canzone, canto, melodia, ballata) nella produzione dei compositori anche intellettualmente estremi, dimostra una compenetrazione tra cultura popolare e cultura alta di cui si è discusso tantissimo negli ultimi cent'anni, rimproverando, a torto o a ragione, ai compositori contemporanei di aver perduto la connessione con la "base".  

In questo periodo storico la "base" è perfino difficile da scansare. Il mondo è invaso da canzoni nate in seno ai linguaggi rock, pop, jazz, folk e nella culla di infinite tradizioni più o meno antiche, rese relativamente accessibili dalle moderne ricerche etnomusicologiche, dalle registrazioni fonodiscografiche e, in tempi ancora più recenti, da internet. Forse è proprio per reazione a questa bulimia canterina, o forse per genuina indifferenza, che il compositore colto spesso rifiuta la canzone. Io quest'insofferenza non la sento. Conosco poche forme musicali che permettano di sintetizzare in maniera così organica l'urgenza espressiva musicale e quella letteraria.

Occorre però, credo, creare la propria forma canzone, senza cedere alla compiacenza commerciale e senza rifugiarsi nell'accanimento accademico. Occorre mettersi a nudo, col proprio suono e la propria parola. È in ragione di questa libera costrizione, che non posso fare a meno di scrivere per la mia stessa voce. O forse è a causa della mia natura di compositore performativo. Oppure, più semplicemente, perché cantare mi provoca struggenti attacchi di felicità. 

© 2014 Dario Buccino


The song is an affective object, an entity which we love and, even more importantly, by which we feel loved. But then again, we could say that all music is an affective object. We therefore say that the song is a portable affective object. It can accompany us in our everyday life like a ring, or the memory of a great conflagration. Like fragrant fog or the crisp light of this afternoon. Like the spring in our step that ignites us with faith, like a poem that leads us back to ourselves… Nothing more but, above all, nothing less.

As a composer I am consecrated, in fact, to musical forms that are very different from the song form. Even the most extreme conceptions and the most experimental praxis, however, assist me as a probe in my research into the affective resonance of sound. For this reason, I have on many occasions over the years engaged with the song form. I don’t believe that anybody, and certainly not me, can do without its solace, whether it comes from the top ten, a powerful singer-songwriter, an arcane lullaby…

I consider myself a “performative composer” because I compositionally organise not only sound but also the necessary performative process to bring it into effect. The performative process is what takes place in the body and in the mind when we play music, immersed in our sensibility and creativity. The body thinks. Neurologists speak of procedural memory, of action patterns… Who guided the mastery of the musician when he himself, at the end of a performance or improvisation, resurfacing from a perfect and irrevocable dream, no longer remembers what he did? What does the body know of music that thought is not aware of knowing?

The answers – the questions themselves, in fact – are infinite and form the object of my research: I dig into their insides until I wear myself out and I translate them into signs written on the page through a code of graphic symbols which, as can be imagined, I have had to create especially. This code forms part of the HN System®, the musical system that I developed to harness the forces that come into play in the moment of the performance, in its here and now, embodied by the acronym “HN”. The song is, in reality, a territory whose boundaries are too well-defined to easily accommodate this exploration, but it offers fertile starting points, because it is in the nature of the song, at least in its traditional forms, to be born and to be disseminated orally, that is, performatively.

I realise that I resemble the classic intellectual who justifies himself for having written some songs and even gone so far as to bring them out in an album, "La costrizione della nudità". And so it is, as a matter of fact! In past centuries, there was nothing unusual in drawing on traditional oral music, and the importance assumed by the Lied (which in German means “song”, “chant”, “melody”, “ballad”) in the output of even intellectually extreme composers demonstrates interpenetration between popular culture and high culture, which has been much discussed in the last hundred years, reproaching, rightly or wrongly, contemporary composers for having lost connection with the “common ground.”

In the current historical period, the “common ground” is, in reality, even difficult to escape. The world has been invaded by songs born within the language of rock, pop, jazz, folk and within the cradle of infinite and more or less ancient traditions, made relatively accessible by modern ethnomusicological research, phono-discographic recordings and, even more recently, the internet. Maybe it is precisely in reaction to this song “bulimia,” or it may be through genuine indifference, that the educated composer often rejects the song form. I don’t feel this aversion. I know of few musical forms that permit the synthesis of musical and literary expressive urgency in such an organic manner.

However, I believe it is necessary to create one’s own song form, without giving in to commercial complacency and without taking refuge in academic zealotry. We need to strip ourselves bare, with our own sound and word. It is because of this free constriction that I can do no less than write for my own voice. Or maybe it is because of my nature as a performative composer. Or, more simply, because singing arouses poignant attacks of happiness in me.

© 2014 Dario Buccino